La città, rincantucciata in un sordo silenzio, si ritrova al governo un raggruppamento, che non ha scelto e di cui non coglie la logica costitutiva. Per gli assessorati, una gragnuola di nomi, anche sparati a vanvera, accresce lo smarrimento e la distanza dei cittadini. Ma è immaginabile una “terza via”?
I cittadini aversani, che il 9 giugno 2019 avevano clamorosamente scelto la via del “nuovo” a tutti i costi, a un anno e mezzo da allora, si ritrovano di fronte a una situazione amministrativa inedita, imprevista e imprevedibile. Imprevedibile, perché costituita non su una piattaforma programmatica presentata alla città, ma per conversione di singoli consiglieri alle ragioni della cosiddetta “responsabilità” in tempo di COVID. La conversione, come pubblicamente dichiarato in Consiglio Comunale, è stata propiziata da un “referente” esterno, a cui in quella sede ci si è richiamati e a cui, con l’operazione compiuta, di fatto, sono state consegnate le chiavi della città. Infatti, se questo raggruppamento volesse proporsi come “nuova” maggioranza non uscita dalle urne, ciascun componente sarebbe determinante, con le immaginabili conseguenze.
IL BISOGNO DI CAMBIAMENTO
Ma perché la città aveva voluto… avventurarsi sulla via del cambiamento? Perché aveva… eroicamente resistito alla “fascinazione” salviniana? Una maturazione culturale? Nuovi equilibri sociali? No, più semplicemente la percezione di un imminente pericolo, derivante da vecchi e radicati vizi che, nel tempo, hanno logorato l’organismo, ormai sull’orlo del collasso. Aversa, città viva e importante, da troppo tempo soffre dell’incapacità di dar vita a proiezioni amministrative adeguate. Quelle che nascono, ne ignorano i bisogni, coltivandone le devianze e mortificandone le risorse. Quasi mai completano il mandato.
Non staremo a ricostruire le vicende, che hanno portato a questo, tantomeno a distribuirne le responsabilità. Ma è importante tener ben presente che c’è stata una rottura profonda del patto sancito con il corpo elettorale, che sceglie programma e uomini: innanzitutto il sindaco, ma non solo il sindaco. Proibitivo, perciò, immaginare di riprendere la routine amministrativa, come se non fosse successo nulla o quasi. Proibitivo anche immaginare di andare avanti come se l’imminente pericolo la città non lo avesse percepito.
Che cosa ne è della maggioranza formata dall’elettorato? È cosa ancora tutta da chiarire, anche perché i “dissidenti”, “ribelli”, “disobbedienti”, o comunque li si voglia apostrofare, chiariscono di non aver mai sfiduciato il sindaco, ma di essersi battuti… “fino all’ultimo sangue” perché si desse seguito all’indifferibile bisogno di discontinuità per salvare Aversa dalla bancarotta. In tal senso, rinnovano il patto con la città, sancito in campagna elettorale.
LA PRESENZA DELLA CHIESA
All’indomani del Consiglio comunale del 30 novembre (quello della mancata approvazione degli equilibri di bilancio), don Carlo Villano, vicario diocesano per la “Carità e Società”, così si era espresso: “Ritengo che un dialogo tra le parti, anche all’interno della stessa maggioranza, non possa che favorire processi di buona politica”. È necessario comprendere se questo tentativo di dialogo vi sia stato. E, nel caso, quali ne siano stati i termini. Al momento su queste questioni, non è stata la chiarezza necessaria, visto che non si tratta di relazioni private, ma d’interesse pubblico.
Riguardo al profilo assunto dalla Chiesa, si è ormai consolidato un indirizzo pastorale, a cui certo non appartiene il gradimento di rapporti preferenziali, ma che aspira solo a testimoniare attenzione e sollecitudine per la vita reale delle persone e delle comunità. Questo indirizzo prende corpo, facendo leva esclusivamente sul dialogo aperto con l’intero corpo sociale, perché cresca la “partecipazione” da parte dei cittadini e “il buongoverno” da parte di chi esercita funzioni politico-amministrative o a queste si candidi. Nessuna preferenza personale, ma solo proposte di metodo e prospettazione di orizzonti a ogni donna e a ogni uomo di ogni età. Ma far circolare, come possibili assessori, nominativi con l’annotazione “molto vicino al vescovo Angelo Spinillo” o “da sempre vicino alla chiesa e alla Caritas” non avvicina, di per sé, alla via proposta negli ultimi anni dalla Chiesa di Aversa. Anzi, non aiuta e diffonde cattive impressioni.
“LA SPERANZA DI CUI CIASCUNO DI NOI HA BISOGNO”
Nel suo intervento del 6 dicembre scorso, don Carlo Villano ancora precisava: “Come Chiesa, abbiamo cercato, da un po’ di tempo, un dialogo con la politica locale: penso agli incontri avuti, anche in occasione delle ultime elezioni, con i candidati… In questo credo che la Chiesa possa avere questo compito bello: favorire, all’interno della comunità civile, processi di comprensione…. La Chiesa oggi è quel senso di Speranza di cui ciascuno di noi ha bisogno”.
Con questo animo, ma solo con i suoi strumenti propri, la Chiesa di Aversa non mancherà -confidiamo- di far sentire la sua vicinanza alle comunità, che vivono momenti delicati o difficili.
Per fronteggiarli davvero, però, non c’è altra via che la fatica del dialogo a viso aperto, provando a superare visioni parziali e troppo personali, per ricostruire una possibilità che riagganci le speranze un tempo suscitate. È un debito da saldare con i cittadini.