Il vicesindaco Marco Villano: nessun rischio per l’affresco.
di Angelo Cirillo
È uno dei tanti palazzi signorili aversani, si affaccia sull’antico “corso” della città di Rainulfo Drengot – oggigiorno nella strada intitolata proprio al Milite fondatore – ma per quanti attraversano il dedalo di viuzze del centro storico è solamente uno dei tanti edifici abbandonati: si tratta di Palazzo Orineti in via Drengot. Da qualche settimana, la residenza di questa famiglia patrizia – ormai estinta dal XIX secolo – è tornata agli onori delle cronache a seguito di un cedimento della copertura che ha messo in pericolo un pregiato affresco del XVIII secolo.
Già lunedì 24 gennaio, sollecitati anche dall’apprensione dell’opinione pubblica, i tecnici del Comune di Aversa si sono recati in sopralluogo con il dirigente del settore Patrimonio, il comandante Stefano Guarino, presso questa proprietà comunale rilevando – chiarisce una nota del vicesindaco Marco Villano – l’assenza «di infiltrazioni e di cedimenti strutturali o murari che minaccino l’integrità e la conservazione del prezioso affresco raffigurante scene mitologiche ispirate all’ “Eneide” di Virgilio». Scampato pericolo dunque, solo per ora. Nei prossimi giorni sono attese verifiche più accurate nell’area interessata dallo sfondamento di una porzione della copertura, problema questo attuale e destinato a creare ulteriori grattacapi nel tempo. Spetterà infatti alla Casa comunale procedere al recupero del tetto dato che, almeno dal 1985, Palazzo Orineti è proprietà della Città di Aversa; i nostri lettori “più adulti” infatti ricorderanno in questo edificio la presenza dell’Istituito Artistico prima e di quello Alberghiero poi, testimoni silenti del suo inesorabile abbandono almeno a partire dai primi anni del nuovo decennio.
Proprio all’epoca del suo uso scolastico l’attenzione degli storici dell’Arte si concentrò sull’affresco in questione che, su base stilistica, venne attribuito ad uno dei maestri pittori della nuova corte di Carlo di Borbone e di suo figlio Ferdinando IV (artisti del calibro di Girolamo Starace Franchis, Mariano Rossi e Fedele Fischetti, le cui opere sono oggi ammirabili alla Reggia di Caserta ed alla Reale Delizia di Carditello). Oggetto della narrazione, secondo lo storico aversano Roberto Vitale che analizzò l’affresco nel 1954, sarebbe stata la mitologica guerra di Troia raccontata da Omero nell’Iliade: «Essa rappresenta alcuni episodi della guerra troiana. Vulcano con i suoi fabbri prepara le armi di Achille. Questo eroe, che uccide Ettore. Priamo, che supplica il vincitore per ottenere la salma dell’infelice figlio. Vi sono dipinti gli dei e le dee dell’Olimpo» (cf. Roberto Vitale, Quasi un secolo di storia aversana, pp. 99-100). Oggi invece, grazie al contributo di un altro aversano, Bruno Lamberti, sappiamo che l’artista che affrescò la volta a botte ribassata del salone si ispirò bensì alle pagine dell’Eneide di Virgilio, mettendo al centro la scena del “Concilio degli dei presieduto da Giove” celebrante – si suppone a ragion di logica – il potere della famiglia Orineti.
Eppure negli anni ’80, cioè quando l’Amministrazione comunale acquistò l’edificio di via Drengot, vi fu già una prima operazione di recupero dal momento che il palazzo, divenuto proprietà De Martino nel XIX secolo e poi passato nel 1929 al Pontificio Istituto Missioni Estere (P.I.M.E.), era stato ormai dismesso da ogni sua funzione residenziale o di rappresentanza. Per l’assessorato ai Lavori Pubblici e Patrimonio Marco Villano, come già annunziato in precedenti occasioni dall’Amministrazione Golia, Palazzo Orineti è candidato a diventare, una volta ristrutturato e restaurato, sede aversana di una prestigiosa Scuola di Restauro ma ad oggi quel che abbiamo è solo un tetto sfondato. Non è un caso che si limita a Palazzo Orineti, resta chiusa l’ex succursale del Liceo “Domenico Cirillo” con il suo tesoretto lapidario; la vecchia scuola “Alessandro Manzoni” dovrebbe diventare, non si sa bene quando, una residenza per gli studenti fuori sede; l’antico ospedale di Sant’Eligio resta in uso come archivio comunale ed ogni tanto paventa una possibile alienazione; il palazzo di Cavalleria fa la stessa cosa con le carte degli uffici giudiziari; il complesso di San Domenico resta in disuso dopo il trasferimento della biblioteca comunale; la cupola del Carmine sovrasta un involucro rimasto vuoto; l’ospedale della Maddalena torna di moda ad ogni campagna elettorale. Tanti altri palazzi storici aversani di proprietà pubblica restano tutt’oggi interdetti e per la maggior parte abbandonati o usati come depositi. Sia beninteso, quest’ultima mia osservazione non vuole essere una critica ma un contributo ad una sana e costruttiva riflessione sul “Patrimonio” che ad Aversa non può più tardare e non può più riguardare unicamente gli amministratori di turno.